lunedì 25 febbraio 2013
Il dramma della Shoah
(da Rory)

Lo so che sono molto in ritardo con questo argomento visto che la giornata della memoria è stata il 27 gennaio,ma la mia professoressa per casa mi ha dato questo tema e ho deciso di copiarlo qui.

Con la parola Shoah intendiamo lo sterminio degli ebrei,infatti la stessa parola significa catastrofe.
Come iniziò tutto questo?Tutto partì dalle leggi razziali dettate da Hitler,con queste gli ebrei non potevano entrare nei negozi,non potevano fare lavori sia che erano pubblici o privati.Dopo di ciò furono relegati nei ghetti,i quali erano circondati da filo spinato,muri e guardie,lì dovevano vivere lontano dal resto del mondo e arrangiarsi per vivere.
Poi Hitler fece la cosa peggiore che potesse mai fare,creò i campi di sterminio,uno dei più ''famosi'' per la sua efficienza è quello di Auschwitz.
Viaggiavano nei vagoni merci,arrivati lì gli separavano:maschi,donne e bambini.I bambini erano mandati direttamente al forno crematoio e donne e uomini venivano selezionati per la vita o per la morte.
Hitler non se la prese solo con gli ebrei ma anche con gli zingari,i testimoni di Geova e gli omosessuali.Definiva questa gente di razza impura anche su lui stesso aveva origini ebree!
Nei campi si viveva malissimo,avevano vestiti che non gli proteggevano dal freddo,erano in condizioni igieniche disastrose e quindi spesso si ammalavano di tifo,febbre tifoidea o di scabbia.Se avevano delle scarpe,sia troppo grandi o troppo piccole,dovevano tenersele e anche molto gelosamente,altrimenti potevano rubargliele e non gliene davano altre.Ovviamente per loro tutto ciò non bastava,facevano anche esperimenti su di loro,un esempio:provavano a fargli bere soltanto acqua marina e alla fine morivano disidratati.
Furono sterminati milioni e milioni di persone,tutto ciò non si può dimenticare,dobbiamo ricordare per non ripetere più lo stesso errore! 

sabato 23 febbraio 2013


La sapienza
(da Lulù)

Un mio carissimo amico mi dice sempre che il senso della lettura è il trovare, in un personaggio o in uno scrittore, qualcuno che sia in grado di esprimere le tue idee più chiaramente di come potresti mai farlo tu, oppure qualcuno che sia in grado di “illuminarti” rivelandoti ciò che pensi (e che magari fino a quel momento avevi percepito come un qualcosa di confuso e vagamente definito).
Io gli ho sempre dato ragione, ma mai ho pensato che qualcosa del genere sarebbe potuta succedermi con la Bibbia! Sono partita nella lettura prevenuta e diffidente, mea culpa. Probabilmente solo ora sono giunta a uno stato d’animo che mi permetterà di finire questo mattone con serenità e nel modo giusto. Beh, meglio tardi che mai.
Comunque l’anonimo autore della Bibbia che è stato capace di colpirmi nella sua semplicità è colui che ha scritto il libro Sapienza.
A quanto pare questo libro è stato scritto nel I secolo a. C. (2000 anni fa!) da un filosofo che vuole insegnare a governare ai principi in nome della giustizia e ovviamente della conoscenza.
Tagliando tutti i discorsi teologici e tutta la lode di Dio (insomma è pur sempre la Bibbia, il centro di tutto quello è) ho trovato scritto pressappoco quel che penso, provo e percepisco io sull’argomento e ammetto che il trovarmi così in sintonia con un mister X dell’antichità mi ha riempito di qualcosa di molto simile alla tenerezza.
In questo momento, grazie a questo signore, mi sento in comunione un po’ con tutto e tutti: se riesco ancora a trovare condivisibile qualcosa scritto 2000 anni fa, significa che alla fine noi esseri umani siamo più simili, nel tempo e nello spazio, di quanto ci sembri in realtà. E, non so bene perché, quest’idea mi piace un sacco.

Riscrivo qualche stralcio del libro:
La sapienza è radiosa e indefettibile,
facilmente è contemplata da chi l’ama
e trovata da chiunque la ricerca.
Previene, per farsi conoscere,
quanti la desiderano.
Chi si leva per essa di buon mattino
non faticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
Riflettere su di essa
è perfezione di saggezza,
chi veglia per lei
sarà presto senza affanni.
Essa medesima va in cerca
di quanti sono degni di lei,
appare loro ben disposta per le strade,
va loro incontro con ogni benevolenza.
Suo principio assai sincero
è il desiderio d’istruzione;
la cura dell’istruzione è amore;
l’amore è osservanza delle sue leggi;
il rispetto delle leggi
è garanzia di immortalità
e l’immortalità fa stare vicino a Dio.
Dunque il desiderio della sapienza
conduce al regno.
Se dunque, sovrani dei popoli,
vi dilettati di troni e di scettri,
onorate la sapienza, perché possiate regnare sempre.
(Sap 6, 12-21)

La (riferito alla sapienza) preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza
al suo confronto;
non la paragonai neppure
a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto
è un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato
di fronte a essa l’argento.
L’amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore
che ne promana.
Insieme con essa
mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani
è una ricchezza incalcolabile.
Godetti di tutti questi beni,
perché la sapienza li guida,
ma ignoravo che di tutti essa è madre.
(Sap 7, 8-12)

In essa (sempre la sapienza) c’è uno spirito intelligente,
santo, unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene,
acuto,
libero, benefico, amico dell’uomo,
stabile, sicuro, senz’affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde
e penetra in ogni cosa.
È un’emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria
dell’Onnipotente,
per questo nulla di contaminato
in essa s’infiltra.
È un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia
dell’attività di Dio
e un’immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova
e attraverso l’età
entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
Nulla infatti Dio ama
se non chi vive con la sapienza.
Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza
la malvagità non può prevalere.
(Sap 7, 22-30)

Dopo di questo, sarebbe blasfemo dire che per me la sapienza è Dio?
Non credo, visto che nello stesso libro della Sapienza c’è scritto che nell’unione con la sapienza c’è l’immortalità (e rendere qualcuno immortale è prerogativa di Dio no?).
Ecco, per me Dio è la sapienza.

 
giovedì 21 febbraio 2013


Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico
(da Lulù)

Autore: Luis Sepúlveda
Titolo: Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico
Casa editrice: Guanda
Pagine: 86
Prezzo: 10

Secondo me non è un caso se per questo libro è stato creato un video pubblicitario. E non è nemmeno un caso che in questo video compaia, più che il libro in sé, un ripetuto richiamo a un altro libro, il grande successo di Sepúlveda: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare è stato il primo libro che io abbia mai letto, quindi è logico dire che Luis Sepúlveda sia stato il mio primo scrittore. Ovviamente, quando ho visto in libreria questa nuova uscita, non sono riuscita a resistere alla tentazione di leggerlo (ma non comprarlo, per fortuna).
Scegliendo un titolo del genere è ovvio che Sepúlveda ci presenta Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico un po’ come se fosse l’erede della Gabbianella e il Gatto, ruolo che è confermato dalla scelta di trattare più o meno lo stesso tema: l’amicizia fra diversi.
In questo libro i “diversi” sono un umano, un gatto e un topo, che si chiamano (udite, udite!) Max, Mix e Mex. Già la scelta dei nomi mi ha fatto storcere il naso: non vi sembra tanto un’uscita infantile per far sorridere con tenerezza i lettori?
Comunque la storia è questa: Max è un umano che si trasferisce in una casa con il suo gatto Mix, che per l’età è diventato cieco. In questa casa vive un topolino, cui Mix darà il nome di Mex, che stringe amicizia con il gatto descrivendogli l’ambiente circostante e quindi diventando, in un certo senso, i suoi occhi.
Il tutto condito da frasette-morale sull’amicizia stile “un amico si prende cura di ciò che piace all’altro” o “un amico si prende sempre cura della libertà dell’altro” o ancora “un amico capisce i limiti dell’altro e lo aiuta” che fanno tanto favoletta da bimbi scemi che non sono capaci di capire il succo del discorso da soli.
La storia è sviluppata con una velocità e una superficialità incredibili (86 pagine? Macché, almeno 20 sono occupate dall’elenco degli altri libri di Sepúlveda e 10 per introduzione/dedica/pagine bianche! Ricordo che quando sono arrivata alla fine sono cascata dalle nuvole e ho pensato “Già?!?”), scritta con uno stile scemo e poco articolato, insomma il libro è stato una completa delusione.
Non si potrebbe giustificare nemmeno dicendo che sia un libro per bambini, perché staremo al livello di bambini dell’asilo. Nido.
Durante la lettura (durata nemmeno mezz’ora) mi sono spesso chiesta se sarebbe scattata comunque la scintilla, se anni fa al posto della gabbianella e il gatto ci fosse stato questo libro. La risposta ovviamente è no.
La cosa che salta più all’occhio sono appunto quelle frasette di cui sopra, che dovrebbero dare spessore al racconto ma che in realtà lo ricoprono semplicemente di ridicolo e gli danno l’aria di un libro dalle grandissime pretese di sensibilità (tutte clamorosamente deluse). Se un libro è scritto bene, riesco a percepire quel che vuole trasmettere senza che il suggeritore me lo dica a chiare lettere. Lo trovo un espediente piuttosto grossolano.
E tutto ciò fa un contrasto spaventoso se lo si mette a confronto con la poesia, l’equilibrio e la perfezione di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
Secondo me questo libro è stato un esperimento commerciale, scritto contro voglia, senza cura, attenzione e passione e perciò risulta piuttosto mal riuscito.

domenica 17 febbraio 2013
Noi,i ragazzi dello zoo di Berlino
(da Rory)



Titolo:Noi i ragazzi dello zoo di Berlino
Autrice: Christiane F.
Prezzo:9,90 euro
Pagine:309


Trama:
Berlino, anni Settanta, quartiere dormitorio di Gropiusstadt. Christiane F. ha dodici anni, un padre violento e una madre spesso fuori casa. Inizia a fumare hashish e a prendere Lsd, efedrina e mandrax. A quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi. È l'inizio di una discesa nel gorgo della droga da cui risalirà faticosamente dopo due anni. La sua storia, raccontata ai due giornalisti del settimanale "Stern" Kai Hermann e Horst Rieck, è diventata un caso esemplare, una denuncia dell'indifferenza della nostra società verso un dramma sempre attuale. Una testimonianza cruda, la fotografia di un'epoca.

Recensione:
Questo è un libro che ti sbatte la verità di questo mondo in faccia.Crudo,duro..parla senza mezzi termini dello schifo che è stato la sua vita.Nel giro della droga non ci si entra così,senza niente,se hai una vita perfetta e ti va tutto bene non prendi la droga.Puoi iniziare perchè non sai come affogare i tuoi problemi o soltanto per sentirti grande con il resto del gruppo,quindi frequentando le persone sbagliate.
La prima volta che provano pensano '' una volta e basta non mi può far niente'' con quella dose stanno bene per molto tempo,non sono dipendenti fisicamente ma mentalmente sanno che si faranno un altra dose.Poi dal semplice sniffare iniziano a farsi le siringhe, da lì poi è molto difficile smettere.
Questo libro anche se è così duro non puoi fare a meno di continuare a leggerlo,mentre lo leggi (io che ho più o meno la stessa età di quando ha iniziato a drogarsi)non puoi fare a meno di dire ''ha la mia stessa età,oddio ha tredici anni è una ragazzina''. Io consiglio a tutti di leggerlo,apre gli occhi!


martedì 12 febbraio 2013


Gli dei hanno manie di sterminio
(da Lulù)

Presa dalla voglia di crearmi una cultura religiosa che, per un motivo o per l’altro, non ho mai avuto, ho iniziato a leggere la Bibbia e benedico questa mia scelta in tutte le lingue del mondo, perché sto scoprendo cose veramente interessanti.
Una di queste è che anche il nostro misericordioso Dio ha manie di distruzione e di sterminio, eh già! Ora avrei proprio voglia di andare dal mio professore di religione e dirgli “Certo che lei è un bell’ipocrita, ci dice sempre che i musulmani sono terroristi e degli esseri kattivissimi che devono essere tollerati solamente per buona pace di Gesù perché nel Corano viene loro ordinato di condurre una guerra santa per la distruzione degli infedeli però non si è mai degnato di dirci che Dio ordina a Israele la stessa identica cosa!” Però mi sa che mi trattengo, per buona pace di Gesù.
Per dimostrare che non dico bugie, riporto per intero il discorso che Mosè fa ai figli di Israele (ovviamente su ispirazione e con l’ordine di Dio) alla fine del Deuteronomio (paragrafo 7, versetti 1-26) che è il libro conclusivo del Pentateuco.
A questo punto della storia gli Ebrei si trovano presso il Giordano, oltre il quale si estende la terra promessa, dopo quarant’anni di viaggio nel deserto che li ha portati lì dall’Egitto. Mosè, il profeta con cui il Signore parla faccia a faccia e che li ha liberati dall’Egitto e li ha portati fin lì, non può entrare nella terra promessa perché ha peccato contro Dio quindi, prima di morire e mandare Israele alla conquista della terra promessa (notare che Mosè dedica praticamente tutta la propria esistenza a eseguire gli ordini di Dio, ma che è bastato solamente un UNICO suo errore perché Dio lo condanni per sempre), tiene un discorso agli Ebrei con cui rinnova per la cinquecentesima volta l’alleanza con Dio e con cui dà le ultime linee guida di comportamento che il popolo ebraico deve seguire per non perdere la benevolenza del Signore.
Ovviamente attraverso di lui parla Dio, quindi ogni singola parola pronunciata da Mosè è in realtà detta da Dio.
Mosè che incombe su Israele con le tavole della legge che sanciscono l’alleanza con Dio

Ecco il paragrafo che ci interessa:


Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesi, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei ei Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia. Non ti imparenterai con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero i tuoi figli dal seguire me, per farli servire a dei stranieri, e l’ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe.
Ma voi vi comporterete con loro così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuoco i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra.

(…) Qui salto i versetti che sono dal 7 al 15 perché non fanno altro che ribadire i vantaggi che Israele avrà nel seguire Dio (non ci sarà sterilità fra le donne e il bestiame, sarà un popolo forte e benedetto eccetera eccetera). Dal 16 in poi si ricomincia con i massacri.

Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore Dio tuo sta per consegnare a te; il tuo occhio non li compianga; non servire i loro dei, perché ciò è una trappola per te. Forse penserai: queste nazioni sono più numerose di me; come potrò scacciarle? Non temerle! Ricordati di quello che il Signore tuo Dio fece al faraone e a tutti gli Egiziani (ovvero sterminò tutti gli innocenti primogeniti di Egitto, quant’è gentile questo Dio!); ricordati delle grandi prove che hai visto con gli occhi, dei segni, dei prodigi, della mano potente e del braccio teso, con cui il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire; così farà  il Signore tuo Dio a tutti i popoli, dei quali hai timore.
Anche i calabroni manderà contro di loro il Signore tuo Dio, finché non siano periti quelli che saranno rimasti illesi o nascosti al tuo passaggio. Non tremare davanti ad essi, perché il Signore tuo Dio è in mezzo a te, Dio grande e terribile.

Dio non solo ordina l’uccisione di tutte queste persone, ma organizza i massacri anche in modo che siano di maggiore aiuto possibile per Israele. Quant’è sensibile!

Il Signore tuo Dio scaccerà a poco a poco queste nazioni dinanzi a te; tu non le potrai distruggere in fretta, altrimenti le bestie selvatiche si moltiplicherebbero a tuo danno, ma il Signore tuo Dio le metterà in tuo potere e le getterà in grande spavento, finché siano distrutte. Ti metterà nelle mani i loro re e tu farai perire i loro nomi sotto il cielo; nessuno potrà resisterti, finché tu le abbia distrutte.

Dopo la sua premura, il Signore conclude con l’ultimo invito a Israele.

Darai alle fiamme le sculture dei loro dei; non bramerai e non prenderai per te il loro argento e oro che è su di quelle (notare però che Dio stesso ordinò agli Ebrei di portare via l’oro degli Egiziani quindi o esistono due diverse stirpi di pagani o è un tantino incoerente), altrimenti ne resteresti come preso in trappola, perché sono un abominio per il Signore tuo Dio; non introdurrai quest’abominio in casa tua, perché sarai come esso votato allo sterminio; lo detesterai e lo avrai in abominio, perché è votato allo sterminio.


Nel libro immediatamente successivo a questo discorso, il libro di Giosuè, vedremo appunto Giosuè, successore di Mosè alla guida del popolo ebraico, alla conquista della terra promessa che diligentemente attua ammazzando tutti i non circoncisi che si trova davanti, passando intere città a fil di spada e non risparmiando letteralmente NESSUNO.
Il tutto con il beneplacito e i complimenti del Signore suo Dio, ovvio.
Fermati, o sole!


Ora dimmi proffy: Dio e Allah non ti sembrano ottimi compagni di merende? Me li immagino mentre giocano ai soldatini, decidendo qual è il prossimo popolo da sterminare, magari mentre bevono il lattuccio caldo, ovviamente corretto perché fa fico. Questa è la versione che li vede due teneri e innocenti bimbi che giocano, poi c’è quella che li contempla come due psicopatici dalle manie di distruzione. Quale preferisci, prof?
In questo momento però sto pensando che in fondo io non ho la certezza che anche Allah sia un violento assassino. Cioè di Dio lo so perché l’ho letto io, ma di Allah me l’hanno detto gli altri. Ciò significa che dovrò accertarmi di questa cosa e che in un futuro non meglio specificato leggerò anche il Corano.

In ogni caso mi sembra che queste religioni tanto simili tra loro siano un po’ datate e abbiano bisogno di una bella rinfrescata e ristrutturazione (e mi riferisco a tutte le religioni, non a qualcuna in particolare). Nel terzo millennio non è più accettabile che l’”altro” venga visto come il demone che ti mette in trappola: una cosa simile era relativamente normale nel 1500 a. C., quando la civiltà umana era ancora arretrata e aveva comunque un carattere spiccatamente regionale, ma ormai queste cose non fanno ridere nemmeno più i polli.
Le vecchie risposte, le vecchie leggi, le vecchie usanze ormai non vanno più bene, abbiamo bisogno di qualcos’altro che risponda alle nostre necessità spirituali.
E se questo qualcos’altro deve essere una nuova religione, ho due richieste per chi dovrà inventarla: che non istighi ad ammazzare tutti quanti e che sia internazionale, così la pianteremo di ucciderci l’un l’altro per questi dei che passano i pomeriggi a sorseggiare tea decidendo chi deve uccidere chi in loro nome.
 
sabato 2 febbraio 2013


La rivolta del Sonderkommando
(da Lulù)

Alle elementari quando la maestra ci parlava dello sterminio degli ebrei le facevo sempre una domanda: perché gli ebrei, che si trovavano in gran numero nei campi di concentramento, non hanno mai tentato di rivoltarsi contro i tedeschi che erano di meno? La maestra mi rispondeva sempre che i tedeschi erano armati, mentre gli ebrei no, inoltre quest’ultimi erano indeboliti dalla fame e dalla prigionia, quindi pochi tedeschi potevano tenere a bada tanti ebrei. Sul momento la prendevo per buona, ma era una spiegazione che non mi soddisfaceva, tanto che l’anno successivo ero sempre lì, pronta a rifarle la stessa identica domanda.
In seguito ho accettato la spiegazione che i prigionieri, ridotti a spettri dalla fame e dai ritmi estenuanti di lavoro, non potevano concepire un’idea del genere perché  venivano svuotati della propria coscienza e riuscivano a pensare solamente a sopravvivere un altro po’.
Quindi, se diamo per buona questa teoria, è logico che l’unica rivolta che è scoppiata ad Auschwitz sia partita dai membri del Sonderkommando.

Il Sonderkommando (in tedesco “kommando speciale”) era il gruppo, formato esclusivamente di ebrei, incaricato del lavoro ai crematori: i membri del Sonderkommando dovevano accompagnare le vittime nello spogliatoio, aiutarle a spogliarsi, aprire e chiudere la botola attraverso la quale l’SS incaricata gettava nella camera a gas lo Zyklon B, tirare fuori i cadaveri dalla camera a gas, tagliar loro i capelli ed estrarre i denti d’oro, infine dovevano cremare i corpi.
Il Sonderkommando godeva di condizioni migliori rispetto agli altri prigionieri del campo: i membri del Sonderkommando, chiamati “i corvi neri dei forni”, venivano in genere trattati più umanamente, mangiavano di più e soffrivano di meno il freddo, più che altro perché, avendo la possibilità di frugare i cadaveri, potevano recuperare facilmente coperte e cibo che i deportati portavano con sé. Il Sonderkommando però veniva “cambiato” spesso, perché testimone troppo diretto dello sterminio, e perciò sono pochissimi i sopravvissuti di questo kommando.
Uno di questi pochissimi, Shlomo Venezia, è stato molto impegnato nel testimoniare nelle scuole, nell’accompagnare gruppi ad Auschwitz-Birkenau, nel far sapere al mondo quel che è successo.
Su youtube ho trovato una sua intervista, divisa in 9 parti, in cui Shlomo racconta la sua esperienza. In questo video racconta nello specifico il suo lavoro nel crematorio.


Tornando alla rivolta del Sonderkommando, essa era stata pianificata per anni dai Kapos polacchi dei crematori, ma la data era sempre stata rimandata perché la resistenza politica non voleva concordare un giorno.
Alla fine, il 6 ottobre 1944, il Sonderkommando iniziò la rivolta senza l’aiuto dell’opposizione politica, però essa non ebbe i risultati sperati.
Infatti gli addetti al crematorio IV, credendo di essere stati traditi, iniziarono la rivolta in anticipo e quindi si ritrovarono isolati, non poterono fare altro che uccidere tre tedeschi prima di essere completamente bloccati dalle SS. In seguito a questo episodio il Sonderkommando venne quasi completamente sterminato, si salvarono solo gli addetti al crematorio III (il crematorio di Shlomo Venezia) perché il loro Kapo Lemke, una volta capito che la rivolta era fallita, impedì loro di esporsi inutilmente al rischio di essere uccisi.
Nello specifico ecco come viene raccontata questa rivolta da Shlomo Venezia nel suo libro “Sonderkommando Auschwitz”:

L'idea della rivolta era nata molto prima del mio arrivo a Birkenau ed era sopravvissuta alle diverse selezioni grazie ad alcuni Kapos che, come Lemke o Kaminski, si trovavano nel campo da lungo tempo e si erano incaricati della sua organizzazione. Kaminski, il capo dei Kapos del Crematorio, era la mente principale; lo rispettavamo tutti. Lui e qualche altro erano riusciti a stabilire dei contatti con l'esterno e a formare un gruppetto di persone incaricate della preparazione della rivolta. I contatti avevano luogo sia al momento di andare a prendere la zuppa sia nel campo delle donne, a cui alcuni uomini del Sonderkommando avevano accesso di tanto in tanto. Dovevano consegnare il denaro che, passando di mano in mano, arrivava ai resistenti all'esterno del campo. Uno degli uomini che teneva i contatti si chiamava Alter. Era un ebreo polacco molto alto e pretenzioso con cui litigai una volta a proposito di un berretto che non voleva restituire a un mio amico. Seppi soltanto in seguito la ragione per cui si recava così spesso nel campo delle donne e in cucina. In realtà andava a recuperare della polvere esplosiva che gli procuravano delle detenute ebree che lavoravano in una fabbrica vicina al campo. Io ero troppo giovane ed ero arrivato da troppo poco tempo per essere messo al corrente dei preparativi di cui venni informato, come tutti gli altri uomini del Sonderkommando, soltanto all'ultimo momento. Prima di allora non avevo sospettato nulla. Bisognava che tutto rimanesse segreto per evitare che qualcuno di noi, tra i più deboli, dicesse ai tedeschi quello che sapeva nella speranza di salvarsi la pelle. I preparativi si svolsero con discrezione; i Kapos non si fidavano che degli uomini esperti. Tuttavia due giorni prima dello scoppio della rivolta era chiaro che si stava preparando qualcosa, ma nessuno osava parlarne apertamente. La vigilia del giorno previsto per l'inizio della rivolta (mi sembra fosse un venerdì, anche se alcuni dicono sabato), fummo avvisati uno a uno dal nostro Kapo. La parte più importante della rivolta doveva avvenire nel Crematorio II. Ogni giorno, verso le sei del pomeriggio, delle sentinelle SS passavano di fronte al cancello del Crematorio II per raggiungere le torrette di guardia e passarvi la notte. Camminavano in libertà, senza fretta, con i mitra in spalla; spesso li sentivamo scherzare tra loro. Il piano prevedeva che, al loro passaggio, degli uomini aprissero il cancello e li aggredissero per ucciderli e recuperare le armi. L'azione avrebbe dato il segnale della rivolta agli altri Crematori. Tutto era stato programmato nel dettaglio. Alla fine era stato deciso di non coinvolgere i resistenti all'esterno del campo, perché rifiutavano di convenire una data. Secondo me la rivolta venne fatta scoppiare in quel preciso momento dal Sonderkommando perché era evidente che stavano arrivando gli ultimi grandi convogli e che, ben presto, non ci sarebbe stato più nessuno da gasare. Allora sarebbe arrivato il nostro turno... Bisognava tentare il tutto per tutto. Benché senza speranza, eravamo tutti convinti che fosse meglio agire ed essere uccisi piuttosto che morire senza aver tentato nulla. Lemke ci avvertì, senza usare la parola «rivolta», ma dicendo soltanto: «Tieniti pronto, faremo qualcosa per provare a uscire da questo posto».
(…)
La rivolta doveva iniziare alle sei del pomeriggio. Quel giorno però, verso le due, arrivò sulla rampa un convoglio di deportati. Erano molti. Normalmente mezz'ora dopo l'arrivo di un convoglio, le guardie del treno venivano sostituite dalle SS del campo, che aprivano i vagoni e conducevano i prigionieri verso la Sauna o i Crematori, ma quel giorno non arrivava nessuno. Non riuscivamo a capire perché quel convoglio rimanesse lì, senza che nessuno se ne occupasse. Più tardi scoprimmo che, qualche minuto prima, un ufficiale e due sottoufficiali delle SS erano andati al Crematorio IV e avevano chiamato il numero di matricola di duecento uomini del Sonderkommando, ordinando loro di scendere. Gli uomini, che si preparavano alla rivolta, avevano pensato che i tedeschi, insospettiti, volessero eliminarli prima della ribellione e nessuno si era presentato.
(…)
Gli uomini del Crematorio IV avevano dato fuoco ai materassi e cominciato la rivolta prima dell'ora prevista, convinti di essere stati traditi. Sembra che avessero avuto il tempo di uccidere tre tedeschi prima dell'arrivo dei rinforzi. Avevano incendiato il Crematorio e tentato la fuga, ma erano stati quasi tutti uccisi. Eravamo troppo lontani e senza mezzi di comunicazione per capire cosa stava succedendo, vedevamo solamente uno strano fumo provenire dal Crematorio IV e ci ritrovammo ben presto bloccati all'interno del III. La situazione nel Crematorio II era più o meno la stessa, tranne che lì molti uomini tentarono la fuga, anche se disgraziatamente non andarono molto lontano.
(…)
Solo il giorno dopo venimmo a conoscenza di quello che era successo al Crematorio IV, dal momento che le SS circondavano il nostro Crematorio e impedivano a chiunque di uscire. Indossavano delle uniformi militari e dei mitra pesanti, come se stessero andando al fronte. Nel Crematorio II tutti quelli che avevano tentato la fuga erano stati uccisi. Lemke, ordinando di non muoverci, ci salvò la vita. Se non fosse stato così deciso, alcuni avrebbero probabilmente tentato di forzare le porte.
(…)
Il giorno dopo i tedeschi ordinarono che trenta persone uscissero per continuare il lavoro al Crematorio Il e io decisi di far parte del gruppo; avevo perduto ogni speranza di sopravvivere in altro modo. Le guardie continuavano a circondare il Crematorio; avrebbero ben presto fatto irruzione se non fossimo usciti da soli. Contrariamente a quello che mi aspettavo, non ci uccisero all'istante, ma ci portarono al Crematorio II. Laggiù due o tre prigionieri che non avevano tentato la fuga erano ancora in vita e ci rivelarono cosa era successo. Non sapevamo ancora che gli altri, quelli che avevano provato a fuggire, erano già stati tutti catturati e uccisi. Ci raccontarono invece cosa avevano fatto a Karol, il Kapo tedesco, criminale comune che aveva, a quanto pare, denunciato e rivelato il progetto della rivolta. L'avevano picchiato e gettato nel forno vestito, così com'era.

Alla fine di quello stesso mese sarebbe arrivato l’ordine di smantellare i forni crematori per occultare le prove dello sterminio. I tedeschi evacuarono il campo con la così detta “marcia della morte” che portò i prigionieri fino a Mauthausen.
Durante questa marcia moltissimi morirono di fame, fatica e freddo, ma essa rappresentò la possibilità di salvezza per gli uomini del Sonderkommando.
Infatti approfittando della confusione poterono inserirsi nella colonna di prigionieri in viaggio verso Mauthausen e così sfuggirono alla liquidazione che le SS avevano già preparato e alcuni di loro si salvarono.  





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Siamo due cuginette, Luisa e Rosa, che vivendo lontane hanno deciso di scrivere un blog insieme. A Luisa piace leggere, guardare gli anime e studiare (che secchiona!!!); a Rosa piace leggere, vedere film e scrivere. Speriamo tanto di riuscire a intrattenervi e ad interessarvi e che questo blog vi piaccia!
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